Come dei righi musicali o dei pentagramma (spalliere o rastrelliere) si incontrano lungo il percorso immersi e collocati nei bellissimi prati della Valcanale, della vicina Gaital e della Piana di Fusine, sotto e al piede delle Caravanche… quei manufatti di architettura spontanea della tipica tradizione contadina rurale del nostro meraviglioso territorio di triplice confine, multietnico e pluriculturale che ci distingue e ci accomuna... manufatti appunto per l’essiccazione del fieno, del foraggio, dei cereali, ecc. che vengono chiamati Arpe in italiano, Harpfe und Köse e ancora Feldharpfe-Hilge in tedesco, Kozolec in sloveno (kozouc in forma dialettale), che molto spesso con un tettuccio di copertura o con più elementi accostati diventano strutture scheletriche complesse fino a sembrare una struttura simile ad un completo edificio, appunto scheletrico o strutturale. L’unità di misura semplice e più rudimentale è un palo con diramazioni con un palo centrale conficcato nel terreno sul quale i contadini ponevano il fieno per l’essiccazione; questi si chiamano ostruce “ostrv-ostruca in dialetto beneciano”, Rocui o Rocoi in carnico (zona di Forni Avolrti-Sigilletto-Collina).
(da una definizione di Arch.Ermes Ivo Buzzi con spunti da arch. Renzo Rucli)